L'EDITORIALE
30 anni fa il suo omicidio.
Difendeva Porto Selvaggio di Flavia Pankiewicz
I
colori della baia di Porto Selvaggio non sono mai gli stessi. Alcuni giorni fa, nel tardo pomeriggio di una nitida giornata di tramontana in cui lo Jonio era una tavola e nei declivi che scendono alla baia non si muoveva un filo d’erba, il colore del mare aveva riflessi ottanio. E l’ultimo sole che batteva sui tronchi dei pini li rendeva letteralmente incandescenti. È un luogo magico, Porto Selvaggio. E grazie alla profonda coscienza civile di una mia cara amica mi veniva ricordato che se avevo potuto godere della natura incantevole di quello che oggi è un Parco Naturale Regionale, uno dei più belli non solo del Salento e della Puglia ma d’Italia, era anche grazie a una persona che aveva pagato con la vita la sua battaglia per preservare quel lembo di terra e mare ancora incontaminato da una devastante speculazione edilizia: Renata Fonte, brutalmente assassinata esattamente trent’anni fa, il 31 marzo 1984, a soli 33 anni.
La Fonte, che era assessore alla Cultura del Comune di Nardò, si stava battendo accanitamente per evitare la lottizzazione e la speculazione edilizia di Porto Selvaggio e aveva scoperto illeciti ambientali e i primi metodi mafiosi che stavano attecchendo nel Salento.
La notte fra il 31 marzo e il primo aprile 1984, mentre rientrava a casa dopo un consiglio comunale, fu freddata con tre colpi di pistola da due sicari mafiosi. In breve, furono assicurati alla giustizia gli esecutori materiali dell’omicidio e il mandante (ma probabilmente non l’unico), il primo dei non eletti, che gli speculatori di Porto Selvaggio avrebbero voluto collocare in Comune per poter portare avanti i loro disegni. Alla vicenda fu dedicato anche un libro di Carlo Bollino, La posta in gioco, da cui fu tratto l’omonimo film.
Il 31 marzo scorso, a Nardò, a trent’anni dall’omicidio di quella che è considerata la prima vittima della mafia nel Salento, con Don Luigi Ciotti, presidente di Libera, l’associazione contro tutte le mafie, e con il presidio neretino di Libera, hanno commemorato Renata Fonte il sindaco della città, Marcello Risi, e l’amministrazione comunale, il vescovo, Fernando Filograna, l’Unione degli studenti e l’intera comunità neretina, alla presenza delle figlie di Renata, Sabrina e Viviana Matrangola, che sono membri attivi di Libera. Cortei, convegni e una funzione religiosa “per non dimenticare”.
Ma non solo. Commemorare Renata Fonte oggi significa ribadire un accorato appello alla difesa della legalità e a non abbassare la guardia nella lotta a tutte le mafie. Come trent’anni fa ha fatto questa donna coraggiosa, volitiva e incorruttibile a cui dobbiamo esser grati per aver preservato “la grande bellezza” del Parco di Porto Selvaggio.
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