L'INTERVISTA
Rettore Università del Salento
“Essere nel cuore del Mediterraneo favorisce il dialogo tra culture” di Flavia Pankiewicz
Dal 1° novembre 2013 Vincenzo Zara è il Magnifico Rettore dell’Università di Lecce, un’istituzione che oggi conta circa 20.000 studenti, 8 dipartimenti, 6 facoltà, 53 corsi di studio.
Personalità di prestigio internazionale, Zara è Professore Ordinario di Biochimica presso l’Università del Salento dal 2001 e ha al suo attivo incarichi presso importanti istituzioni straniere come l’Università di Bochum (Germania), l’Università di Montreal (Canada), la Dartmouth Medical School (USA) e l’Università di Salt Lake City (USA). È autore di 200 pubblicazioni scientifiche e di 4 brevetti internazionali. Ha ricoperto e ricopre inoltre importanti ruoli di coordinamento a livello nazionale, presso la Fondazione CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane), l’ANVUR (Agenzia per la valutazione del sistema Universitario e della ricerca) e il MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università, e della Ricerca).
A un anno di distanza dal suo insediamento come Rettore dell’Università del Salento può tracciare un primo bilancio e dirci quali problemi ha incontrato o su quali aspetti si ritiene soddisfatto?
I problemi incontrati inizialmente sono stati relativi all’approfondimento dei meccanismi di funzionamento dell’Ateneo: abbiamo avviato un processo di rafforzamento della coesione dell’intera comunità universitaria con l’auspicio che, parlando tutti lo stesso linguaggio, ci si potesse intendere sugli obiettivi comuni nell’interesse dell’Istituzione.
In ambienti complessi come quello in cui operiamo, questo genere di processi richiede sempre un po’ di tempo. Le difficoltà sorgono quando non si ha la volontà di camminare insieme e trovare il giusto modo di mediare tra le situazioni, ma si portano avanti piuttosto, magari in contrapposizione con altri, interessi particolari. Questi sono i veri ostacoli alla realizzazione delle buone idee, ma confido in una sempre maggiore presa di coscienza di tutti del principio che lavorando fianco a fianco si possa procedere verso la piena realizzazione della mission dell’Università.
Sono soddisfatto per i passi avanti fatti in tema di internazionalizzazione della formazione, per l’avvio del Servizio di Apprendimento permanente, per lo slancio nella ricerca e per gli interventi che con approccio sistemico stiamo progettando per l’ottimizzazione della governance.
Quali saranno i punti salienti su cui continuerà a sviluppare il suo programma?
Tutti i nostri progetti assumono come prioritaria la centralità dello studente e prevedono azioni mirate che coinvolgono tanto i processi legati alla formazione e alla ricerca quanto quelli amministrativi e burocratici che ne garantiscono la realizzazione.
Inoltre, in ottemperanza alla cosiddetta “terza missione”, intensificheremo il dialogo con le Istituzioni e l’intero Territorio perché credo profondamente che solo da un agire sinergico si possano ottenere risultati concreti, come ad esempio un maggior collegamento dei nostri giovani con la realtà professionale che li aspetta dopo il conseguimento della laurea.
Sappiamo che le sta molto a cuore rilanciare l’internazionalizzazione della sua Università? Quali iniziative intende intraprendere?
Un ruolo rilevante nella strategia di internazionalizzazione è svolto dalla didattica, ma non meno importante è il livello di internazionalizzazione della ricerca che, sebbene a macchia di leopardo, per il nostro corpo docente sta assumendo valori sempre più significativi.
La dotazione ordinaria di risorse a livello di Ateneo non è d’aiuto, vista la loro costante riduzione da parte del MIUR. Anche per contrastare tale tendenza, siamo impegnati in un processo di potenziamento nella nostra capacità di progettazione che dovrebbe consentirci di accedere più facilmente al finanziamento dei nostri progetti di ricerca, spesso di qualità molto elevata, attraverso prioritariamente i fondi comunitari, ma anche ministeriali e regionali.
C’è qualche progetto che riguarda, in particolare, gli Stati Uniti d’America?
Come relazioni ufficiali con gli Stati Uniti, molti professori hanno sviluppato individualmente collaborazioni nell’ambito di attività di ricerca con Università, Enti di Ricerca ed altre strutture americane. Anche a livello di Ateneo abbiamo diversi accordi. Ultimamente, ad esempio, nell’ambito di un accordo con l’Università del Wisconsin, abbiamo incontrato i referenti di quella Università in visita presso UniSalento insieme ad una decina di studenti americani.
Si parla molto di sviluppo sostenibile per il nostro territorio e un ruolo positivo potrebbe averlo l’istituzione della Facoltà di Agraria a Lecce. Può dirci se si tratta di una possibilità concreta, di un percorso già avviato?
La nascita di una nuova Facoltà, allo stato attuale, è estremamente complicata a causa dei vincoli, non solo economici, posti dalle strategie del Governo nazionale. Ci siamo però già confrontati con le istituzioni locali e di settore. Adesso stiamo valutando la possibilità di attivare dei percorsi formativi, non necessariamente strutturati sotto forma di corso di laurea autonomo, che, in maniera concreta ed efficace, possano andare in questa direzione, tenuto conto dell’interesse che gli attori locali hanno dimostrato per il progetto e delle valenze che esso potrebbe avere in un territorio in cui l’agricoltura e l’agroalimentare svolgono un ruolo economico di grande rilievo.
Quanto è aperta al dialogo con il territorio l’Università del Salento?
L’Università del Salento non ha preclusioni di sorta, né steccati ideologici, né chiusure di alcun genere. Questo Ateneo è portatore di un bagaglio culturale che collega le attività universitarie con il territorio in maniera quasi naturale. Se, in qualche occasione, ci sono state lentezze o chiusure si è sempre cercato di superarle. E ad ogni modo, l’ampio numero di accordi di programma, di convenzioni, di richieste di patrocini e di altre tipologie di iniziative che ci collegano con enti, istituzioni e aziende dimostrano che questo scambio è continuo e concreto.
Quali considera le Facoltà di punta della sua Università? E quali sono quelle maggiormente correlate con il mondo del lavoro e che potrebbero assicurare uno sbocco lavorativo per i neo laureati?
La nostra offerta formativa è molto ricca e altamente qualificata, come dimostrano anche i riconoscimenti internazionali conseguiti. In ognuna delle nostre Facoltà sono riconoscibili corsi e progetti formativi di notevole qualità, spesso capaci di dotare gli studenti di competenze spendibili sul mercato del lavoro nazionale e perfino internazionale.
Il punto debole è rappresentato da un contesto non sufficientemente dinamico dal punto di vista economico: le più interessanti opportunità di lavoro sono spesso offerte in altre regioni italiane o all’estero, dove molti dei nostri laureati finiscono per trasferirsi. Insomma investiamo il nostro impegno e le nostre risorse nel formare il capitale umano che alimenta e talvolta guida i processi produttivi e la capacità di produrre ricchezza di territori diversi dal nostro. Il problema è di assoluta rilevanza e merita l’attenzione non solo nostra ma anche di tutte le istituzioni regionali.
Quali sono i motivi di attrazione dell’Università del Salento per studenti di altre parti d’Italia o stranieri? E se dovesse creare uno slogan per indicarli, quali parole utilizzerebbe?
La collocazione del nostro Ateneo nel cuore del Mediterraneo ne fa un luogo privilegiato per favorire il dialogo tra le culture, il confronto tra i diversi modi di pensare, l’ampliamento delle acquisizioni scientifiche connesse alle attività territoriali.
Più che un mero slogan, direi che il nostro Ateneo è il posto in cui è possibile, per uno studente, incontrare i saperi del mondo e vivere un’entusiasmante esperienza formativa, formando il proprio bagaglio di conoscenze in maniera ampia, completa e aggiornata.
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